Cos’è la tecnologia digitale gemellare e perché è così importante anche nel settore automobilistico

Uno dei principali progetti di innovazione dell’Industria 4.0 è il cosiddetto “gemello digitale”: il modello virtuale cioè di un processo, prodotto o servizio. È semplicemente un ponte tra il mondo fisico e quello digitale che permette di avere una più dettagliata analisi dei dati ed un monitoraggio sicuro dei sistemi per risolvere problemi, sviluppare nuove opportunità e persino simulare il futuro. Un gemello digitale può essere creato infatti ancor prima che l’oggetto fisico a cui si riferisce sia stato prodotto e può archiviare le informazioni relative ad esempio al suo assemblaggio, trasporto e gestione. Ma come funziona un gemello digitale? I componenti intelligenti, che utilizzano i sensori per raccogliere informazioni, sono collegati ad un sistema cloud che riceve ed elabora tutti i dati in ambiente virtuale per poi applicarli nel mondo fisico. La NASA in questo ambito fa da pioniera. È stata infatti la prima ad utilizzare questa tecnologia nel settore aerospaziale per riparare i sistemi che non si trovano in prossimità.

Il concetto di gemello digitale è in circolazione fin dal 2002 e anche se ci sono ancora molte caratteristiche innovative inesplorate, è oramai considerato indispensabile in ambito aziendale e uno dei dieci principali trend tecnologici (secondo la società americana Gartner). Un concetto chiave quindi per un’ampia gamma di settori industriali tra cui energia, mobilità, beni di consumo ed assistenza sanitaria, per i quali fornisce molti vantaggi tecnici per diversi casi d’uso e risolve molti dei problemi odierni soddisfacendo i requisiti di settore. Poiché gli oggetti, nel corso del loro ciclo di vita, interagiscono con molte entità diverse, la facilità di interazione con il gemello digitale ed il controllo sui dati degli oggetti diventano aspetti chiave.

Lo Internet of Things ha recentemente introdotto lo IOTA, una criptomoneta dedicata esclusivamente agli oggetti connessi ad internet, che consente di effettuare delle micro transazioni tra diversi dispositivi per scambiare servizi, risorse e dati. Le automobili connesse sono, come ormai sappiamo, una fonte inesauribile di informazioni per costruttori, fornitori e compagnie di assicurazioni. Una prima applicazione praticabile di un gemello digitale con IOTA è CarPass. La soluzione acquisisce in modo sicuro i dati telematici (ad esempio il chilometraggio, i percorsi effettuati, i dati ambientali e quelli di manutenzione) e li memorizza nel gemello digitale, consentendo ad un veicolo di raccontare la sua storia: dove è andato, cosa ha fatto e come è stato trattato. Ciò offre molti vantaggi, come ad esempio il controllo del chilometraggio a prova di manomissione, evitando frodi nel mercato delle auto di seconda mano. Inoltre ci garantisce una panoramica sicura sulla modalità di guida del veicolo: se è stata usata per pochi e lunghi viaggi oppure per molti e brevi e la sua manutenzione, determinando così il suo valore.

Oltre alle enormi potenzialità del digitale in relazione ai beni fisici, restano sempre validi i rischi di sicurezza nell’adozione di una tale tecnologia. Più cresce la mole delle informazioni raccolte maggiore sarà l’esigenza di gestirle con rispetto e tutela. La sicurezza nei dati e la loro autenticità è infatti sempre necessaria quando dobbiamo riporre fiducia in chi li raccoglie e li gestisce per noi.

Guardando al futuro con il design digitale

Come si possono creare prodotti e servizi che i clienti ancora non sanno di volere, così diversi da quelli che dominano il mercato ma che saranno veramente indispensabili? Aziende come Apple, Swatch e Nintendo hanno avuto e continuano ad avere un indiscutibile vantaggio competitivo anche perché, invece di adattarsi alle tecnologie già esistenti, sono in grado di soddisfare i bisogni latenti delle persone creando nuovi mercati di cui diventano leader. Ma come fanno?

Quando si parla di nuovi prodotti ci sono infatti due possibilità di innovazione: l’User centered (o innovazione incrementale) e il Design-driven (o innovazione radicale). Il primo modello offre al cliente esattamente ciò che chiede, producendo cambiamenti guidati dalle sue necessità contingenti, il secondo è invece un approccio che non asseconda il mercato, lo stravolge, creando innovazioni radicali e dando un nuovo significato alle cose.

Le esigenze degli utenti non si limitano infatti alla forma e alla funzione dei prodotti, ma soprattutto al loro significato, sulla base dell’esperienza personale e della possibilità di ottenere una valida “aggiunta” alle proprie vite. Una concretizzazione efficace di questo nuovo orientamento ce la mostra Apple, che ad esempio nel 2001 con l’iPod e l’applicazione iTunes ha cambiato il modello di business per la vendita di musica. Un’altra dimostrazione vincente di tecnologia basata sulla progettazione è quella di Nintendo Wii, la console che impiega una tecnologia radicalmente nuova per trasformare il significato del gioco dall’intrattenimento passivo a un mondo virtuale totalmente interattivo.

Anche in Italia abbiamo notevoli modelli di innovazione radicale dei significati: Artemide, Barilla e Alessi, solo per citarne alcuni. Ma come però spesso capita, manca un approccio sistematico, la capacità di strutturarsi organizzativamente in modo da favorire le interazioni con gli interpreti esterni. Uno degli aspetti più impegnativi per diventare design-driven è proprio avere una perfetta razionalizzazione delle persone, dei processi, della tecnologia e dei finanziamenti. Ciò richiede non solo la capacità di trasformare radicalmente la struttura e l’organizzazione, ma soprattutto un cambiamento di mentalità all’interno dell’azienda stessa. L’innovazione design-driven nasce infatti a seguito di un procedimento variamente strutturato che parte da una ricerca approfondita e da un’attenta osservazione dei cambiamenti socio-culturali. Un sistema basato sull’ascolto, sull’interpretazione e sull’elaborazione di una nuova visione e preparazione dell’ambiente culturale per favorire l’accoglimento di questi significati innovativi.

Il modello utente-centrico, più classico, orientato al problem solving e più rapido nella generazione di idee e prototipi, trova sicuramente molti seguaci, ma l’approccio design-driven, grazie ad un lavoro di ricerca preparatoria molto più approfondito ed articolato, può portare risultati più consistenti e duraturi. L’innovazione orientata al design, con la creazione di mercati innovativi valorizzati da tecnologie emergenti che rispondono a nuove esigenze, è infatti sempre più riconosciuta e sostenuta da un numero crescente di Paesi come fattore chiave per il successo commerciale internazionale e come fonte vitale di vantaggio competitivo.

“La logica ti porterà da A a B. L’immaginazione ti porterà ovunque.” Albert Einstein

L’intelligenza artificiale per capire l’orientamento politico di un luogo

Google Street View è un servizio di Google Maps e Google Earth, introdotto il 25 maggio 2007, che fornisce viste panoramiche e permette agli utenti di vedere nel dettaglio varie città del mondo. Queste immagini sono realizzate da fotocamere montate sulle Google Car che riprendono tutto ciò che gli succede intorno a 360 gradi. Un’enorme quantità di foto quindi, nelle quali restano immortalate strade, case e moltissime automobili.

Alcuni ricercatori di intelligenza artificiale, analizzando il tipo di veicolo ripreso, sono stati in grado di fare previsioni sull’orientamento politico delle zone in cui le automobili si trovano all’interno del territorio degli USA. Il team, formato in gran parte da membri della Stanford University, ha conteggiato nello specifico i camion pickup e le berline presenti in una data città. Il risultato della ricerca dimostra che l’area urbana con un maggior numero di camioncini riscontra una probabilità dell’82% di votare repubblicano mentre nelle zone con più berline sussiste un 88% di possibilità di preferenza democratica.

I sistemi di intelligenza artificiale elaborano enormi quantità di dati per realizzare previsioni sulle informazioni analizzate, in questo caso oltre 50 milioni di immagini in 200 città. I ricercatori hanno utilizzato una tecnica di riconoscimento degli oggetti per individuare le auto nelle immagini e hanno quindi classificato i veicoli (22 milioni, che rappresentano l’8% di tutte le automobili degli Stati Uniti) per marca, modello e anno. Per identificarli hanno utilizzato uno strumento di intelligenza artificiale chiamato rete neurale artificiale, nello specifico una rete neurale convoluzionale (CNN o ConvNet dall’inglese convolutional neural network) nota per essere la migliore a gestire le immagini. Questo sistema ha impiegato solo due settimane per analizzare 50 milioni di immagini, mentre per un essere umano sarebbe stato necessario un periodo di tempo di circa 15 anni, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista PNAS (Proceedings of the National Academy of Sciences).

Gli autori dello studio hanno anche dovuto capire come il tipo di veicolo fosse in correlazione con le inclinazioni politiche dell’area e altre informazioni demografiche. Per fare ciò hanno utilizzato l’analisi di regressione, uno strumento matematico e statistico più che valido con l’obiettivo di stimare l’eventuale relazione funzionale esistente tra la variabile dipendente e le variabili indipendenti.

In definitiva, ciò che hanno appreso è «sorprendentemente accurato» afferma Timnit Gebru, primo autore dello studio e ricercatore presso il Laboratorio di Intelligenza Artificiale di Stanford. Ad esempio, il sistema ha previsto che Casper, città degli Stati Uniti d’America, capoluogo della Contea di Natrona nello Stato del Wyoming, avesse una preferenza repubblicana. Questa conclusione è stata supportata dai risultati delle elezioni presidenziali del 2008, che il team ha utilizzato come indicatore del mondo reale.

Ovviamente questo metodo non è così preciso da poterlo sostituire completamente alla conduzione di un censimento, ma potrebbe comunque completarlo in maniera efficace. Inoltre, nei paesi poveri di risorse, un procedimento come questo potrebbe essere utile per raccogliere informazioni demografiche senza il costo di una rilevazione statistica completa.

Il quadro generale è chiaramente più vasto rispetto alle semplici immagini di automobili e alle previsioni di voto. Anche Gebru afferma che la strategia rappresenta un nuovo tipo di strumento che gli scienziati sociali potrebbero sfruttare utilizzando le tecniche di Intelligenza Artificiale su una grande quantità di altri dati presi da Google Street View. Un altro esempio? Il numero e la condizione degli alberi presenti nelle città in relazione alla salute pubblica, visto che molti studi hanno ormai appurato che la presenza di piante è positivamente correlata al benessere fisico e psichico dell’uomo.

Partito il Digital Innovation Hub Toscana

Si è insediato a Firenze il Consiglio Direttivo del ”Digital Innovation Hub Toscana”, che ha nominato Fabrizio Bernini presidente della nuova associazione fondata da Confindustria Toscana, Ance Toscana e dalle cinque territoriali regionali (Confindustria Firenze, Confindustria Toscana Nord, Unione Industriale Pisana, Confindustria Toscana Sud, Confindustria Livorno-Massa Carrara), per accompagnare le imprese verso le opportunità e i finanziamenti dell’industria 4.0.

Oltre a Bernini, fondatore e presidente di Zucchetti Centro Sistemi e presidente della delegazione di Arezzo di Confindustria Toscana Sud, compongono il Consiglio Direttivo del Dih Toscana: Daniele Matteini (Ecm SpA), Alessandro Sordi (Nana Bianca Srl), Stefano Santalena (Hallite Italia Srl), Riccardo Toncelli (Continental SpA), Pierluigi Banchetti (Italbuild Srl), Alessio Marco Ranaldo (Alma SpA, Pointex SpA e presidente di Confindustria Toscana).

”È un compito stimolante che svolgerò con responsabilità e impegno, insieme ai colleghi di prim’ordine che siedono nel Consiglio del Dih”, ha commentato Fabrizio Bernini, ricordando che ”la quarta rivoluzione industriale è cominciata e noi imprenditori non possiamo rinunciare all’opportunità di pensare al futuro delle nostre aziende; dobbiamo innovare se vogliamo competere e crescere. Ma serve un approccio nuovo verso l’innovazione, collaborativo e trasversale, che coinvolga in prima linea il sistema imprenditoriale”

Workshop “CLOUD E BANDA LARGA PER L’INDUSTRIA 4.0” – Napoli, 19 Dicembre 2017

“Cloud e banda larga per l’Industria 4.0” è il tema del primo workshop organizzato da Il Campania Digital Innovation HUB, costituito dalle cinque Associazioni Territoriali Campane di Confindustria e dall’ANCE Campania, organizza il suo primo workshop dedicato a “Cloud e banda larga per l’Industria 4.0”, con lo scopo di colmare il divario esistente tra le esigenze di digitalizzazione delle imprese e le soluzioni tecnologiche attuabili.

Il workshop si terrà martedì 19 Dicembre dalle 15,30 alle 18,00 presso l’Unione Industriali Napoli, in Piazza dei Martiri, 58.

Per tutti i dettagli sull’iniziativa e per partecipare: www.unindustria.na.it